Pur facendo parte della Congregazione delle acque, gli acquedotti urbani delle acque Vergine, Felice e Paola avevano un'amministrazione separata, con un proprio ingegnere e un proprio notaio. Durante il periodo francese la conservazione delle tre acque fu a carico della municipalità. Con il motuproprio di Pio VIII del 2 dicembre 1818 sugli acquedotti di Roma venne riaffermato il principio della demanialità delle acque; tutti i relativi oneri furono a carico della Camera apostolica ed al tesoriere generale spettava l'esazione delle tasse. In pratica vennero estese agli acquedotti di Roma le norme emanate per le acque e strade nel 1817. L'amministrazione degli acquedotti continuò ad essere affidata al presidente delle acque. Il 5 ottobre 1827, con editto del camerlengo, furono pubblicate disposizioni particolari per la cura delle acque, acquedotti e fontane di Roma (vedi anche notificazioni del presidente delle acque 11 e 12 ottobre 1828 e istruzioni 15 ottobre1828).