Sino al pontificato di Martino V la competenza sulle acque e strade apparteneva a una magistratura edilizia cittadina con giurisdizione in materia di strade, piazze, mura, acquedotti, chiaviche, ponti e anche abbellimento della città, composta da due magistri aedificiorum che dal sec. XV furono detti aedificiorum et stratarum o viarum, indicando così nel nome un ampliamento delle loro competenze e della loro importanza. Le competenze furono stabilite in vari tempi da norme statutarie; con gli statuti del 1410 i maestri ebbero la vigilanza anche sull'acqua di Trevi. Martino V, con la costituzione del 27 febbraio 1425 Etsi cunctorum segnò il primo passo dell'ingerenza pontificia in questa materia, sino ad allora del comune, e pose le basi della futura legislazione, con la quale l'amministrazione delle strade e delle acque passerà dai maestri alla tutela del cardinal camerlengo e della Camera apostolica, soggetta ad una congregazione cardinalizia e poi sottoposta ad un presidente, chierico di camera. Martino V riorganizzò le competenze dei due magistri viarum e attribuì a questa magistratura - o tribunale un ufficio notarile (l'istituzione di un notaio dei maestri, segretario e cancelliere del loro tribunale, fu in seguito ribadita con gli statuti del 1452); accordò inoltre ai magistri la prerogativa di non render conto a nessun magistrato dell'amministrazione di loro competenza.
Durante il pontificato di Nicolò V, la magistratura fu rinnovata con i nuovi statuti del 1452 «de li maestri de li edefitii» e vi si accentuò l'ingerenza pontificia; questi statuti estesero la vigilanza dei maestri a tutte le fontane di Roma e anche a quelle fuori città; parimenti, anche in materia di strade, la loro competenza si estendeva fuori città, nel distretto.
I privilegi, già concessi dai pontefici alla magistratura romana in materia di acque, strade e fonti di Roma, furono confermati da Leone X con la costituzione Dum singularem del 17 marzo 1513 con la quale veniva attribuita alla magistratura la gabella del vino, i cui proventi furono destinati in parte all'università di Roma, in parte all'ornato e alle acque della città.
Con Paolo II (1464-1471) i maestri delle strade furono inclusi tra i salariati della Camera apostolica. Con Sisto IV (1411-1484) si ebbe la trascrizione e rinnovazione dello statuto del 1410 (1480); con bando 8 gennaio 1480 l'ufficio magistri viarum fu riorganizzato e posto alle dipendenze del cardinale camerlengo, che venne preposto al tribunale delle strade. L'attività edilizia in Roma, nel periodo di riforma urbanistica di Sisto IV, fu regolata dalla bolla Etsi de cunctarum civitatum del 30 giugno 1480. I maestri avevano autorità di infliggere pene pecuniarie ai contravventori ai pubblici editti; l'importo era devoluto parte ai maestri, parte alla Camera apostolica; gradatamente le multe furono poi trasformate in tasse. Giulio III nel 1551 istituì la tassa dei 4 giulii per le botteghe, destinata alla pulizia delle strade; Gregorio XIII nel 1583 una tassa sulle vetture; altre entrate erano le licenze, tra le quali le licenze di scavo, e le alienazioni di aree pubbliche con vendite, affitti e posteggi, vi erano inoltre contributi straordinari.
Giulio III (1550-1555) sottopose annualmente al sindacato della Camera l'amministrazione dei maestri delle strade; indi affidò la cura delle strade a un chierico di Camera che, estratto a sorte, variava ogni anno.
La tredicesima congregazione istituita da Sisto V nel 1588 con la costituzione Immensa aeterni dei aveva autorità amministrativa e giurisdizionale e facoltà amplissime su strade, ponti e acque e particolarmente le acque condotte nella città di Roma. Era composta da sei cardinali, presieduta dal camerlengo, e ne facevano parte il chierico presidente delle strade, i maestri delle strade, il tesoriere e il commissario della Camera, i deputati delle strade di Roma e dell'acqua Vergine e vari ufficiali del comune e, più tardi, i deputati dell'acqua Felice. Nel 1590 infatti, con la costituzione Supremi cura regiminis del 19 febbraio, Sisto V aveva conferito alla XIII congregazione anche la tutela della nuova acqua Felice ed assegnato novantuno luoghi di monte per la cura di tale acqua.
A questa congregazione furono attribuite anche le strade dello Stato. Le competenze sui lavori relativi alle acque e quelle sui lavori relativi alle strade, necessariamente, spesso si intrecciavano: la stessa congregazione ordinò che nelle decisioni sulle fontane dell'acqua Vergine si dovessero interpellare anche il presidente e i maestri delle strade. La congregazione sistina non ebbe lunga vita ed andò lentamente in desuetudine.