Il Collegio dei notai, istituito da Giulio II il 1° dicembre 1507, fu ordinato da Sisto V con la costituzione del 29 dicembre 1586 che fissò a trenta il numero dei notai e, in deroga a quanto precedentemente prescritto da Gregorio XIII con breve 15 ottobre 1577 sulle tariffe notarili, equiparò le tariffe dei notai capitolini a quelle percepite dai notai della Camera e dei Tribunali camerali. La costituzione del 1586 dichiarò vacabili quindici dei Trenta uffici notarili e concesse al Comune di Roma il privilegio di conferirli e di percepire i relativi emolumenti- impose ai Trenta notai il pagamento di quindicimila scudi una tantum, concedendo in cambio l'ufficio dei maestri giustizieri, appena fosse stato vacabile. Per varie vicende il Collegio ottenne tale privilegio solo da Benedetto XIII nel 1728 (motuproprio 23 ottobre) quando fu realizzata l'unione dell'ufficio dei maestri di giustizia al Collegio dei notai della Curia capitolina.
La giurisdizione sull'archivio spettava alla Camera apostolica. La nomina dei notai spettava ai conservatori. Da Sisto V fu trasferita al Collegio stesso ma ritornò ai conservatori dopo pochi anni- nel 1601 i conservatori decretarono che il Collegio partecipasse alla giurisdizione sull'archivio e nel 1609 concedettero al Collegio la nomina degli archivisti.
Il Collegio dei notai fu trasformato da Paolo V (1° ottobre 1612) che soppresse la vacabilità di metà degli uffici, obbligando il Collegio a pagare quattrocento scudi annui ai conservatori, i quali a loro volta erano tenuti a impiegare tale somma per il mantenimento dei palazzi capitolini; fu questo un reddito costante che il comune riscosse sino al 1847, malgrado frequenti resistenze da parte dei notai.
Il Consiglio comunale stabilì nel 1622 che i notai dei rioni dovessero appartenere al Collegio; nel 1632 il Collegio redasse e pubblicò il proprio statuto [1].
A norma della costituzione di Sisto V parte dei proventi degli uffici notarili spettava al Collegio; Paolo V (1° ottobre 1612) stabilì che ogni notaio pagasse al Collegio quindici giulii mensili (disposizione richiamata da Clemente X con chirografo 18 luglio 1674). Un regolamento per il «buon andamento» dell'archivio del Collegio dei notai fu pubblicato durante il pontificato di Clemente XI dal card. Marescotti il 13 luglio 1705.
L'archivio era aperto al pubblico una volta alla settimana; l'obbligo fu ripristinato dopo la restaurazione con ordine del senatore al Collegio 28 novembre 1817.
Pio IX (motuproprio 1° ottobre 1847) affidò alla magistratura di Roma la competenza sull'archivio degli atti notarili abolendo la corrisposta annua che il Collegio dei notai capitolini pagava alla magistratura; subito dopo, con motuproprio 29 dicembre 1847 sul consiglio dei ministri, dichiarò dipendere dal ministero dell'interno gli archivi ed i notai dello Stato.
Questi notai fungevano da cancellieri del Tribunale del senatore, o di Campidoglio. I notai dei primi quindici uffici assistevano negli atti giudiziali il primo collaterale di Campidoglio, gli altri il secondo.