- [Commissione pontificia di liquidazione dei crediti insinuati in tempo utile contro la Francia] (1819 - 1825)
Nei trattati di pace del 30 maggio 1814 e del 20 novembre 1815, stipulati tra la Francia e le potenze belligeranti, furono fissate le basi della liquidazione dei crediti rivendicati da molti individui o per titolo di deposito giudiziario, o per cauzione per esercizio di pubblico impiego, o per forniture, o per pensioni di diversa specie, o infine per altri diversi titoli ed oggetti.
Detta liquidazione fu appoggiata a delle commissioni miste composte per metà di commissari francesi e per l'altra di quelli delle potenze interessate, operanti a Parigi. La liquidazione ebbe inizio a gennaio del 1816 e proseguì a tutto il 1817 senza essere ultimata. Fu quindi trattata e conclusa la successiva convenzione del 25 aprile 1818, in forza della quale la Francia pagò ai rispettivi governi una determinata somma con l'incarico ai medesimi di soddisfare i restanti crediti rimasti insoluti a quell'epoca. L'attribuzione ai governi di tali somme fece sollevare un importante quesito di diritto pubblico: e cioè se i crediti fossero di proprietà dei rispettivi creditori o se i Governi potessero appropriarsene e disporre senza il concorso e la volontà dei primi.
Proprio in considerazione del "diritto di proprietà" sancito dalle leggi fondamentali di qualsiasi Stato civile, nei suddetti trattati di pace, i sovrani alleati avevano riconosciuto l'"intangibile diritto di proprietà dei creditori".
Infatti nel trattato di pace del 30 maggio 1814, decretandosi con l'art. 18 una quietanza generale tra tutti i Governi di qualunque loro pubblica pretesa, si faceva richiamo ai diversi crediti in particolare ed al loro modo di soddisfarli.
Poi nel trattato del 20 novembre 1815, gli stessi sovrani alleati avevano dato prova della loro giustizia nel sottolineare tale norma di diritto. Infatti l'art. 20 della convenzione suddetta, legalmente tradotto, dice "... si registrerà al più tardi il 1° gennaio prossimo venturo come fondo di garanzia sul Gran Libro del debito pubblico della Francia, un capitale di tre milioni e cinquecentomila franchi di rendita con godimento dal 22 marzo 1816, in nome di due o di quattro commissari per metà sudditi di S.M. Cristianissima, e per metà sudditi delle potenze alleate, i quali commissari saranno scelti e nominati metà dal Governo francese e metà dalle potenze alleate. Questi commissari riscuoteranno le suddette rendite di semestre in semestre. Essi ne saranno i depositari senza poterle negoziare. Ne riporranno l'equivalente nei fondi pubblici e ne ritireranno l'interesse accumulato a profitto dei creditori.
"In caso che i tre milioni e cinquecentomila franchi non bastassero si rilasceranno ai suddetti commissari delle iscrizioni per maggiori somme e fino alla concorrenza di quelle che saranno necessarie per pagare i debiti indicati nella presente convenzione. Queste iscrizioni addizionali, se sarà necessario, si rilasceranno con il godimento dall'epoca medesima di quella fissata per i tre milioni e cinquecentomila franchi di rendita qui sopra stipulati, e saranno amministrati dai commissari medesimi, in modo che i crediti che rimarranno da soddisfare si pagheranno con la stessa proporzione degli interessi accumulati, e composti come se i fondi di garanzia fossero stati sufficienti in principio. Quando si saranno effettuati tutti i pagamenti dovuti ai creditori, l'eccedenza delle rendite non assegnate, se ve ne sarà, e la rata degli interessi accumulati e composti che gli apparterrà, si consegnerà a disposizione del Governo francese.
Nella successiva convenzione del 25 aprile 1818 non si ebbero innovazioni su tale argomento, rispetto ai precedenti trattati.
Allorchè furono insinuati a Parigi per conto dei rispettivi creditori, i diversi titoli di credito loro spettanti, si ebbero vari dubbi, e molti crediti furono soggetti ad eccezioni.
La Francia nel proporre di fare uno stralcio di tutti i restanti crediti rimasti insoluti all'epoca del 25 aprile 1818, si fece carico in quella circostanza non solo di quelli contro i quali nulla potevasi dedurre, ma anche di quelli colpiti da qualche eccezione, e che erano sotto esame e discussione presso la Commissione.
I commissari liquidatori delle rispettive potenze nella loro qualità di agenti pagati per conto dei creditori, presentarono le rispettive situazioni dei crediti insinuati a quell'epoca, ed in base a queste fu conclusa la convenzione del 25 aprile 1818.
Il fatto che questa convenzione non ebbe innovazioni di base rispetto ai trattati precedenti è indicato all'art. 3:
"...I Governi rispettivi faranno rimettere alla fine di ciascun mese agli individui i cui crediti saranno stati liquidati e che desiderassero restare proprietari delle porzioni di rendita che ad essi saranno rilasciate (cioè le rendite consolidate al Gran Libro di Francia) delle iscrizioni del totale della somma che spetterà a ciascuno di essi".
All'art. 10 della medesima convenzione:
"...I Governi rispettivi volendo prendere nell'interesse dei loro suddetti creditori della Francia, le più efficaci misure onde far operare a ciascuno in particolare la liquidazione dei crediti e la ripartizione dei fondi, ai quali i detti creditori avranno proporzionatamente diritto secondo i principi contenuti nella stipulazione del trattato del 30 maggio 1814 e della convenzione del 20 novembre 1815, è convenuto che a tale effetto il Governo francese farà rimettere ai commissari dei detti Governi, i fascicoli contenenti le carte in appoggio dei reclami non ancora pagati. Darà al tempo stesso gli ordini più precisi affinchè tutti gli elementi e le carte che il controllo di questi reclami potrà rendere necessari, siano forniti nel più breve tempo possibile ai detti commissari, dai diversi Ministeri e amministratori".
Da quest'ultima parte si conclude che, come detto precedentemente, nel richiamo alla norma di diritto, i rispettivi Governi non erano altro che semplici distributori ed amministratori delle somme avute dalla Francia per ripartirle ai loro rispettivi sudditi creditori.
A riprova di ciò basta considerare che fu percepita dai Governi una provvigione per spese di liquidazione dei crediti pagati e da pagarsi.
Il Governo pontificio si attenne strettamente ai principi enunciati.
La notificazione della Segreteria di Stato del 9 settembre 1819, ordinando il modo di pagamento dei creditori verso la Francia, riconosce l'obbligo della distribuzione della somma avuta dal Governo francese, in esecuzione della nominata convenzione del 25 aprile 1818.
La quota di rendita iscritta sul Gran Libro del debito pubblico della Francia, assegnata allo Stato pontificio, era di "cinque milioni di franchi produttivi della rendita annua di duecentocinquantamila franchi, da consegnarsi nelle mani dei loro commissari speciali, per essere quindi ripartite".
Furono quindi nominate dal Papa, per operare in Roma, due commissioni, una di liquidazione e l'altra di revisione, aventi le stesse funzioni, rispettivamente, della Commissione di liquidazione francese e della Commissione dei giudici arbitri che erano state istituite in Parigi con la convenzione del 20 novembre 1815 e che avevano cessato le loro funzioni a seguito della convenzione del 25 aprile 1818.
La Commissione di liquidazione francese era costituita dai membri di tutti i paesi interessati tra i quali risultava come rappresentante per lo Stato pontificio il commissario speciale di Sua Santità a Parigi, incaricato della liquidazione preparatoria, il cavalier Panvini Rosati. La nuova Commissione di liquidazione, fu incaricata di iniziare i lavori il 15 novembre 1819.
I suoi compiti consistevano nell'esaminare e liquidare i reclami di credito contro la Francia che fossero stati insinuati in tempo utile e che non erano stati ancora perfezionati o che erano stati rigettati dalle precedenti commissioni francesi.
Le liquidazioni sarebbero state effettuate sulla base delle documentazioni già esaminate a Parigi. I pareri della Commissione sarebbero stati approvati a maggioranza di voti ed i relativi reclami di credito, firmati dal presidente della commissione e dal creditore. Quindi le partite liquidate sarebbero state riportate sul registro particolare di liquidazione dei reclami di credito contro la Francia ed in estinzione delle stesse sarebbero state consegnate ai creditori iscrizioni di rendita sul Gran Libro del debito pubblico francese. Faceva salva, ai creditori stessi, la facoltà di domandare invece l'iscrizione del loro credito sul registro del consolidato romano e la successiva spedizione del corrispondente certificato di capitale fruttifero (1) a carico della cassa del debito pubblico, ragguagliati però i corsi di piazza tra le iscrizioni di Francia e quelle di Roma (2) e compensate vicendevolmente le differenze tra l'uno e l'altro consolidato.
Inoltre su tutti i pagamenti di quote riconosciute ai creditori, sarebbe stata dedotta dallo Stato pontificio un'aliquota del 4% per il reintegro delle spese incontrate dal Governo per la liquidazione. Quindi, sulla quota così ottenuta, cioè l'ammontare riconosciuto al creditore dedotto il 4% per spese di liquidazione, sarebbe stato calcolato un interesse del 5% a decorrere dal 22 marzo 1818, epoca stabilita dalla convenzione del 25 aprile 1818.
Gli arrestati degli interessi decorsi dal 22 marzo 1818 a tutto il giorno precedente a quello dal quale sarebbe cominciata a decorrere la rendita da accreditare sul consolidato prescelto, francese o romano, sarebbero stati pagati in rate e nei modi che monsignor Tesoriere generale avrebbe ritenuto opportuno stabilire (la rendita non veniva consegnata subito, ma pagata in 12 rate mensili con decorrenza 1 luglio 1818. Art. 8 della convenzione 25 aprile 1818).
I crediti che la Commissione di liquidazione non avesse ritenuto opportuno accogliere, su richiesta dei creditori, avrebbero potuto essere esaminati dalla Commissione di revisione (3), previa consegna di tutto il carteggio relativo da parte della Commissione di liquidazione.
La Commissione di revisione avrebbe dovuto decidere a maggioranza dei voti ed eventualmente sentite le parti.
Il giudizio definitivo ed irrevocabile da essa espresso poteva confermare, riformare o revocare quello della Commissione di liquidazione. Il termine dei lavori fu fissato a tutto l'anno 1820.
Tuttavia dai documenti esaminari risulta che data la mole considerevole delle richieste, ed a seguito di ritardi nella definizione delle medesime, vi fu una prima proroga a tutto il 1821 e da una serie di verbali, precisamente 19, le cui date vanno fino al 22 aprile 1825, si evince che vi furono altre proroghe. Esiste solamente un richiamo relativo ad un congresso del debito pubblico che si tenne in data 10 marzo 1825, durante il quale il Tesoriere generale, per ordine di papa Leone XII, dichiarava approvate tutte le operazioni delle commissioni di liquidazione e di revisione, e proroga i poteri per la prima a tutto settembre 1825 e per la seconda a tutto l'anno 1825. A tale congresso fece seguito la notifica pontificia rilasciata dalla Segreteria di Stato in data 6 aprile 1825.