I consoli dell'arte agraria, nella veste di giudici, erano chiamati a dirimere le controversie relative alla suddetta arte in Roma e nel suo Distretto. Fino a tutto il XVIII secolo, il Tribunale giudicava in appello in merito alle sentenze dei giudici locali del Distretto mentre per l'Agro romano fungeva da tribunale di prima e seconda istanza (1). La giurisdizione sia civile che criminale dei consoli fu soppressa con l'ordine della Consulta straordinaria degli Stati romani del 17 giugno 1809; ripristinata nel 1814 fu riconfermata con motuproprio del 6 luglio 1816. In base al regolamento di procedura civile del 22 novembre 1817 il Tribunale era composto da quattro consoli e da un assessore; giudicava le cause relative, come si è detto, all'arte agraria, alle materie campestri, ai danni dati, al bestiame, al taglio delle macchie ed altro. Con la notificazione di Pio VII del 29 marzo 1818 fu precisato che erano di sua competenza tutte le cause agricole, tranne quelle sulla proprietà e sul possesso dei fondi (di competenza dei tribunali ordinari) e quelle riservate al prefetto dell'annona, al presidente della grascia e al giudice delle mercedi. Il Tribunale fu soppresso con motuproprio 5 ottobre 1824 e la sua competenza passò ai tribunali ordinari e di commercio e per quel che si riferiva ai danni dati al Tribunale del senatore o di Campidoglio.