- [Consorzio privato dell'Acqua Mariana di Roma] (1820 - 1950)
Il Rivo dell'Acqua Mariana ha origine nel territorio di Frascati e più precisamente nella tenuta detta della Molara. Esso è poi alimentato dalle acque di alcune sorgenti di Squarciarelli e di Marino, quindi, passando per Marciana, Casaletto e Gregna, giunto a Morena, nei tempi più antichi e cioè fino al secolo XII, seguiva il suo corso naturale andando a confluire nell'Aniene. Senonché, nell'anno 1122, sotto il pontificato di Callisto II, "nell'intento di arricchire Roma di quest'acqua a scopi di irrigazioni e forza motrice, fu costruito un cunicolo od acquedotto sotterraneo lungo 900 metri che attraversava la suddetta tenuta di Morena.....". In tal modo il Rivo veniva condotto per la campagna romana e, giunto fuori Porta San Giovanni, piegava fuori le mura della città per entrare dalla Porta Metronia. Di qui, attraverso gli odierni Orto botanico e Passeggiata archeologica, andava a confluire nel Tevere all'altezza della Bocca della Verità. "Eseguito pertanto tal lavoro di deviazione artificiale del suddetto corso di acqua che da Morena si prolunga fino al Tevere fu allora che nacque il Consorzio (sic) di cui è parola, che si componeva, come si compone tuttavia, di molinari, ortolani, gualtatori (1) ed altri, i quali se ne servivano, come è naturale, vuoi per uso di irrigazione, vuoi per forza motrice" (ASR, Consorzio privato Acqua Mariana, busta 16, relazione allegata al "Reclamo contro l'iscrizione del Rivo Mariano nell'elenco delle acque pubbliche", 18 giugno 1897). E poichè l'acqua era preziosa per tutti quegli stabilimenti che man mano andavano sorgendo lungo il canale e specialmente alla macinazione di gran parte del grano occorrente ai bisogni della popolazione, i pontefici furono larghi di concessioni e privilegi a favore del Consorzio, che posero sotto la custodia e la difesa del Capitolo Lateranense, anche perché molti terreni di proprietà del Capitolo stesso erano irrigati dall'Acqua Mariana. Il Capitolo non solo ne aveva la giurisdizione privativa, ma poteva disporre dell'acqua anche a titolo di proprietà concedendo acqua a privati per contratto (ASR, Consorzio privato Acqua Mariana, busta 16, fascicolo intitolato "Concessioni antiche").
Nel 1723 il Rivo Mariano si ingrandì per concessione dell'acqua detta "Preziosa", concessa per chirografo da Innocenzo XIII il 6 marzo di quell'anno; nel 1856 esso si ingrandì ulteriormente della sorgente d'acqua scoperta presso Ciampino nel corso della costruzione del tunnel per la ferrovia Tuscolana, acqua concessa dal Ministero del Commercio, industria, agricoltura per gli atti del notaio Monti il 23 settembre 1856.
Con m.p. del 6 luglio 1816 l'Acqua Mariana e il suo Consorzio furono sottoposti alla giurisdizione del Camerlengo (giudizi inappellabili avanti l'Uditore pro tempore); restavano al Capitolo Lateranense le attribuzioni amministrative precedentemente godute.
Il Camerlengo cardinal Bartolomeo Pacca con l'editto del 19 dicembre 1820, dopo aver richiamato in vigore tutte le disposizioni precedentemente emanate dal Capitolo Lateranense, dettava precise norme per l'utilizzazione dell'acqua del Rivo Mariano e norme che ne evitassero il deterioramento e la deviazione dal suo corso.
Con le riforme di Pio IX la giurisdizione sul Rivo Mariano passò dal Camerlengo alla Presidenza delle acque e ai tribunali ordinari, mentre i Canonici Lateranensi ne conservavano la tutela amministrativa. Tale situazione fu conservata dal Regno d'Italia.
Nel 1897 la "Marrana dell'Acqua Mariana" fu compresa con il numero 462 nell'elenco delle acque pubbliche dal Ministero dei Lavori pubblici in adempimento della legge 10 agosto 1884 sulla derivazione delle acque pubbliche. Avverso a questa decisione, il Consorzio ricorse direttamente al Ministro in data 17 giugno 1897 allegando il già citato memoriale di pari data. Il ricorso non ebbe esito per mancato parere del Consiglio provinciale. La questione della demanialità tornò in discussione in occasione della trasformazione dell'uso dell'acqua mariana da forza motrice ad uso per irrigazione. In effetti nel 1909 il Consorzio trasformò a proprie spese gli opifici dei suoi consorziati con forza motrice elettrica, allargando l'uso dell'acqua per irrigazione. La questione fu decisa l'11 giugno 1910 con una composizione in base alla quale il Consorzio riconosceva la demanialità del Rivo, mentre lo Stato riconosceva al Consorzio l'uso di tutte le acque del Rivo da Morena al Tevere.
Il Consorzio dell'Acqua Mariana si è sciolto con delibera dell'assemblea consortile nel 1973 per rinuncia alla concessione dell'acqua.