Si hanno notizie sull'esistenza autonoma dell'ufficio fin dal XII secolo e nella bolla di Giovanni XXII "Ratio juris exigit" del 1326 sono esplicitamente citati l'Uditore ed il Viceuditore.
Già alla fine del Quattrocento l'Auditor Camerae (A.C.) era il giudice naturale dei curiali, cioè dei cardinali e dei loro "familiari", dei funzionari della Curia pontificia (molti dei quali ecclesiastici), dei mercanti al seguito della Curia romana e dei loro dipendenti.
Le prerogative di questo magistrato non conoscevano limiti e il suo grandissimo prestigio, quale esecutore delle lettere apostoliche e quindi diretto referente del papa, assicurarono al suo tribunale una preferenza di fatto sulle altre magistrature. I cittadini e gli ecclesiastici potevano infatti adire all'A.C. a preferenza dei rispettivi giudici naturali ( cioè il senatore e il vicario) se ciò fosse stato previsto già al momento della stipulazione del contratto all'origine della controversia. L'A.C. aveva inoltre facoltà di comminare pene spirituali, dalle quali solo il pontefice poteva dare l'assoluzione.
Alla fine del XVIII secolo il Tribunale dell'A.C. era così organizzato: alla giurisdizione civile presiedeva l'A.C. con due Luogotenenti prelati (singolarmente giudici ordinari); l'A.C. met. rappresentava l'Uditore generale in tutti gli atti, esclusa la firma dei decreti e delle sentenze ad esso riservata; il tribunale era diviso in cinque sezioni con tre sostituti e un capo notaio.
Il tribunale criminale aveva cinque uffici, con altrettanti sostituti notai adibiti alla ricezione delle querele e delle denunce, alla verbalizzazione dell'esame degli imputati, alla formazione dei processi, alla spedizione degli appelli, alla repertazione degli oggetti. Il Luogotenente criminale fungeva da giudice ordinario.
Il Tribunale dell'Auditor Camerae fu soppresso nel 1847: le sue attribuzioni furono trasferite al Tribunale penale e al Tribunale civile di Roma con provvedimento del 26 giugno 1847.