Anche se il controllo e la revisione dei conti furono sempre esercitati dalla Camera apostolica, una vera e propria sistemazione legislativa della materia si ebbe soltanto dalla metà del sec. XVI. Si deve infatti a Pio IV la istituzione della Congregazione con il compito di rivedere i conti che tesorieri provinciali, collettori, appaltatori ed altri dovevano esibire in Camera. Nei secc. XVII-XVIII i pontefici rivolsero alla Congregazione particolari cure, dopo che Paolo V, con chirografo 27 luglio 1605, ne aveva riordinato il regolamento. Così ad esempio Innocenzo XII le attribuì senza appello le cause eccedenti i mille scudi; Clemente XII le affidò anche le vertenze per la riduzione e gli abbuoni pretesi dai debitori della Camera (1) ed infine Benedetto XIV con il motuproprio 18 marzo 1746 riunì in un unico testo tutte le prerogative che lungo i secoli le erano state attribuite. Dopo la Restaurazione la Congregazione, che era stata soppressa dalla Repubblica romana, non fu ripristinata e le sue competenze passarono al Tribunale della piena Camera. La Congregazione, che inizialmente era presieduta dal camerlengo e composta da alcuni chierici, fu in seguito (Paolo V, Gregorio XV) formata da: il vice-camerlengo (governatore di Roma), il tesoriere generale, alcuni chierici (il loro numero variò secondo i periodi), il computista, l'avvocato fiscale, il commissario generale. I conti dovevano essere esibiti in Camera apostolica e giurati nelle mani del camerlengo; successivamente venivano affidati al computista che li esaminava e ne faceva un ristretto con le sue osservazioni; infine la congregazione giudicava ed emetteva la sentenza che in genere veniva riportata anche in calce ai registri.