Con il motu proprio 6 luglio 1816, attraverso cui lo Stato pontificio riorganizza l'intera amministrazione statale, Pio VII detta norme anche per la sistemazione debito pubblico pontificio.
Dopo la dominazione francese il restaurato Stato ecclesiastico avvia la ricomposizione della situazione debitoria dell'erario al fine di individuare i diversi rami del debito pubblico: il «consolidato» e il «vitalizio». Il debito consolidato era a sua volta distinto in «fruttifero» e «infruttifero», il primo costituito da rendite perpetue e derivante dalla vendita degli antichi luoghi di monte e dei titoli in cui essi erano stati convertiti dall'amministrazione francese, il secondo formato da debiti contratti a diverso titolo, sia dall'amministrazione pontificia che dalla stessa dall'amministrazione francese, che non davano diritto alla corresponsione di una rendita; il debito vitalizio era invece formato dalle rendite vitalizie, dalle pensioni e dagli assegni di culto e di altro tipo corrisposti a qualunque titolo dalla cassa del Debito pubblico. Innanzitutto vennero convalidate le vendite delle proprietà ecclesiastiche fatte nelle province di prima recupera dal cessato governo francese per l'estinzione del debito pubblico (art. 225 del motu proprio del 1816), estendendo così ad Umbria e Lazio quanto stabilito dall'editto del card. Consalvi del 5 luglio 1815 per le province di seconda recupera; fu quindi stabilito un indennizzo, sia per coloro che avevano acquistato beni ecclesiastici poi restituiti agli antichi proprietari ecclesiastici in virtù dell'editto Rivarola del 13 maggio 1814 e del successivo editto della Congregazione sopra i vescovi e regolari (15 agosto 1814), sia agli Enti ecclesiastici espropriati, relativamente ai beni non restituiti. L'art. 228 dello stesso motu proprio incaricava una Congregazione ad referendum (composta dal tesoriere generale, dal prefetto della Congregazione sopra i vescovi e regolari, da due uditori di Rota e da un chierico di Camera ) della liquidazione dei crediti degli acquirenti dei beni ecclesiastici restituiti agli Enti religiosi, e del compito di riconoscere e liquidare tanto i crediti derivanti da rescrizioni concesse dal governo francese e non utilizzate per l'acquisto di beni posti all'incanto, ma anche i crediti derivanti da luoghi di monte non liquidati dal governo francese perché presentati fuori dai termini prescritti. Le liste di questi crediti, predisposte dalla Congregazione ad referendum e presentate al Segretario di Stato, avrebbero costituito una parte del capitale del debito pubblico; di questo stesso capitale sarebbero entrati a far parte anche altri crediti, da esaminarsi e riconoscersi ad opera del tesoriere generale. Per la graduale redenzione del debito consolidato, l'art. 246 del motu proprio prescriveva inoltre la creazione di una cassa di ammortizzazione, successivamente istituita con notificazione del tesoriere generale Cristaldi 24 gennaio 1825. Perché avessero esecuzione le norme emanate con il motu proprio del 1816 fu contestualmente istituita una Direzione generale del debito pubblico posta sotto la sorveglianza del tesoriere e della Congregazione ad referendum. Inizialmente rientravano tra le competenze della Direzione: la tenuta del registro generale del debito pubblico (istituito dall'art. 136 del motu proprio) liquidato dalla Congregazione e dal tesoriere generale e il rilascio, ai singoli creditori, dei relativi certificati, le cartelle di debito pubblico. Queste ultime, che avrebbero sostituito ogni altro antico titolo comprese le patenti dei luoghi di monte, sarebbero state commerciabili e sarebbero state ricevute dalla Camera a garanzia dei contratti con lo Stato. Il primo provvedimento che disciplina le funzioni della Direzione del debito è tuttavia una notificazione del tesoriere generale Belisario Cristaldi del 19 agosto 1822. La normativa distingue le due tipologie di debito, consolidato e vitalizio, entrambi di competenza della Direzione del debito pubblico, e detta per ciascuna differenti criteri di gestione. Il regolamento emanato dalla citata notificazione contemplava i diversi compiti della Direzione, dalla tenuta del registro generale d'iscrizione del consolidato, a cura del direttore del Debito pubblico; al rilascio delle cartelle, nella somma minima di 5 scudi (con obbligo di riunione delle partite di entità inferiore); al controllo degli atti di cessione e traslazione dei titoli per successione ereditaria o per contrattazione; all'apposizione e rimozione di vincoli totali o parziali sulle singole cartelle; all'annotazione di atti di sequestro; al pagamento delle rendite trimestre per trimestre a cura della Depositeria generale della Camera, sulla base di liste fornite dalla Direzione. Per la gestione del debito vitalizio si stabiliva l'iscrizione in registri diversi da quelli predisposti per il debito consolidato, divisi secondo le diverse categorie di assegni e pensioni corrisposte. Anche ai titolari delle rendite vitalizie erano rilasciate cartelle a firma del tesoriere, del direttore e del segretario del Debito pubblico. Non tutto il vitalizio faceva capo al nuovo organismo, essendo ancora suddivisa tra vari dicasteri, la competenza a corrispondere pensioni e giubilazioni civili e militari. Tra il motu proprio del 1816 e la notificazione del 1822 la dimensione del debito pubblico (sia consolidato che vitalizio) si era accresciuta per l'assunzione da parte dello Stato ecclesiastico - in seguito alla liquidazione del Monte Napoleone - del debito facente capo alle province di seconda recupera; nello stesso periodo, venne inoltre individuata una terza forma di debito pubblico, il debito infruttifero, che non dava cioè diritto ad una rendita. Ciò spinse l'amministrazione a proseguire la riorganizzazione dei propri uffici in relazione alla nuova mole del debito da gestire. Nuove norme riguardanti l'amministrazione del debito pubblico vennero emanate il 9 luglio 1832 dal Segretario di Stato Tommaso Bernetti con le "Disposizioni preliminari relative al nuovo Consiglio di liquidazione e alla Direzione generale del debito pubblico". Il nuovo Consiglio - già Congresso di liquidazione, organo interno alla Direzione del debito pubblico con il compito di liquidare i crediti passati sotto la revisione della Congregazione ad referendum e ammessi a liquidazione - era formato dal direttore del debito pubblico, presidente, dal commissario generale della Camera apostolica, da quattro consultori scelti dal pontefice, dal segretario del Debito pubblico, con funzioni di segretario del Consiglio e dal computista della Direzione. Era compito del Consiglio deliberare in merito a progetti e domande di liquidazione portate al suo esame dal direttore del Debito pubblico. La pratica trattata dal Consiglio, dopo l'approvazione della Congregazione di revisione , doveva essere trasmessa alla Direzione del debito pubblico che procedeva alla iscrizione nei propri registri delle partite (di liquidazione) approvate, o agli "annotamenti" in caso di rigetto, e al rilascio dei titoli di credito (sottoposti alla firma del Tesoriere generale che conservava l'alta sorveglianza sull'intera materia). Riguardo al debito vitalizio, che veniva affidato all'esclusiva competenza dell'Amministrazione del debito pubblico, il Consiglio era specialmente incaricato di esaminare tutte le passività derivanti da pensioni, giubilazioni civili e militari, sussidi stabili e temporanei, assegni ecclesiastici e caritativi ordinari e straordinari, di farne una classificazione quindi emettere per ciascuna classe un voto da sottoporre all'approvazione della Congregazione di revisione. Dopo di ciò, il Consiglio sarebbe passato all'approvazione dettagliata delle diverse partite di debito, nei modi e nelle forme stabilite per le altre partite di debito pubblico. In attesa dell'espletamento dei suddetti adempimenti la Direzione generale era incaricata di continuare a corrispondere le pensioni, giubilazioni e sussidi, sulla base di elenchi forniti dagli uffici che fino ad allora si erano occupati del pagamento delle passività: Computisteria della Camera, Cassa delle giubilazioni, dicasteri vari. Era poi conferito al Consiglio una sorta di potere di direzione e controllo delle attività della Direzione: dall'approvazione dei conti preventivo e consuntivo, all'emissione di direttive per tutte le materie non contemplate nello stesso regolamento del 1832 ed in quello del 1822. Era anzi esplicitamente affidato al Consiglio il compito di emanare un regolamento delle attività della Direzione, da sottoporre all'approvazione della Congregazione di revisione. Infine il provvedimento del 1832 invitava il Consiglio e la Direzione a porre in liquidazione definitiva il credito ancora riconosciuto in via provvisoria ed esonerava il direttore del Debito pubblico dal collaborare all'amministrazione della Cassa di ammortizzazione. Un nuovo regolamento, definitivo, sulla "Organizzazione e attribuzioni del nuovo Consiglio di liquidazione e della Direzione del debito pubblico" venne emanato il 26 dicembre 1832 dal segretario di Stato cardinale Bernetti, per ordine di Gregorio XVI. In relazione alla composizione del Consiglio era previsto ne facesse parte anche l'avvocato fiscale, mentre non era più prevista la presenza del computista della Direzione generale del debito pubblico e il segretario della Direzione partecipava alle sedute senza diritto di voto. L'articolo 20 del regolamento definiva le materie di competenza del Consiglio: tutti gli affari relativi alla gestione del consolidato; la liquidazione di tutti i debiti infruttiferi; l'esame di tutte le posizioni creditorie maturate durante il periodo francese e dei governi provvisori e assunte dallo Stato in seguito alle convenzioni internazionali seguite alla Restaurazione; l'esame di tutte le questioni dipendenti da vendite di beni dello Stato in estinzione delle rescrizioni e da imposizione di crediti ipotecari e livelli sui beni avocati allo Stato nelle province già unite al Regno d'Italia napoleonico; la definizione degli affari connessi col disciolto Monte Napoleone; la definizione delle domande per concessione di assegni avanzate in base alle disposizioni vigenti in epoca francese; l'esame delle deliberazioni del cessato Congresso di liquidazione delle quali si richiede un riesame. Il Consiglio di liquidazione aveva inoltre il compito di accordare le pensioni militari, come già accadeva per quelle civili. Si stabiliva però che le domande per giubilazioni e pensioni militari, anziché alla Direzione generale, fossero presentate, per l'istruttoria, al governatore di Roma per gli addetti all'arma dei carabinieri e al Consiglio delle armi per gli addetti al servizio di linea. Tra le novità introdotte dal regolamento l'identificazione di tre successive istanze, la prima di esse affidata al Consiglio di liquidazione (giudice di primo grado sulle singole istanze di sua competenza), la seconda, in caso di opposizione fatta dall'interessato o dall'avvocato fiscale, era affidata alla Congregazione di revisione. In caso di difformità tra prima e seconda istanza, era previsto un terzo grado di giudizio, di competenza di uno speciale organo composto dal presidente e da due membri della Congregazione di revisione, dal presidente e da due membri del Consiglio di liquidazione e da un chierico di Camera designato dal Tribunale della Piena Camera. La decisione di questo consesso era esecutiva per il direttore generale del Debito pubblico. Riguardo alla Direzione generale del debito pubblico il regolamento del 26 dicembre 1832 dettava le seguenti disposizioni: attribuzione unicamente al direttore generale della facoltà di firmare le cartelle (il regolamento del 9 luglio 1832 conservava tale facoltà al tesoriere generale) e di emanare la notificazioni relative al pagamento degli interessi. A quest'ultimo proposito il direttore generale aveva l'obbligo di trasmettere alla Tesoreria generale uno stato dei fondi disponibili in ciascuna cassa camerale, i cassieri dovevano altresì inviare al direttore del Debito pubblico gli stati dei pagamenti eseguiti, e questi doveva a sua volta restituirli alla Tesoreria generale per consentirle di svolgere la sua funzione di controllo sui cassieri camerali. Se in seguito a tali misure l'Amministrazione del debito pubblico assunse le caratteristiche di un dicastero autonomo dalla Tesoreria generale, la sua fisionomia cambiò di nuovo in seguito alle riforme amministrative del periodo 1847-1848. Con l'editto 12 giugno 1847 la Direzione generale del debito pubblico venne posta alle dirette dipendenze del Tesorierato. Successivamente, con disposizione emanata in esecuzione del motu proprio 29 dicembre 1847 la Direzione generale del debito pubblico costituì una direzione generale (passiva) del Ministero delle Finanze, che aveva assorbito il Tesorierato.