Dopo la caduta del potere temporale della Chiesa l'Ufficio di stralcio del debito romano, costituito nel 1871 presso l'Intendenza di finanza di Roma, fu incaricato di gestire l'aggregazione del debito pubblico romano a quello dello Stato italiano. Con regio decreto n. 2058, serie II, del 20 settembre 1874, le competenze in materia di debito pubblico passarono dagli uffici delle Prefetture e Sottoprefetture, che fino a quel momento se ne erano occupati, alle Intendenze di finanza. Per Roma e provincia il provvedimento segna il passaggio all'Intendenza di finanza di competenze fino ad allora svolte dall'Ufficio di stralcio.
Anche il debito venne unificato: con legge dello Stato italiano 29 giugno 1871, n. 339, venivano riconosciuti e dichiarati del Regno d'Italia i debiti, designati alle categorie I e II nello stato annesso alla legge, inscritti nel Gran Libro del Debito pubblico romano. Della prima categoria faceva parte la rendita consolidata nominativa e al portatore, che veniva trasformata in rendita consolidata italiana. Della seconda categoria - debito redimibile - facevano parte i certificati del Tesoro e le obbligazioni emessi con editti rispettivamente del 28 gennaio 1863 e del 18 aprile 1860 e 26 marzo 1864, oltre che i prestiti Parodi (20 gennaio 1846), Rotschild (10 agosto 1857) e Blount (12 aprile 1866). Con regio decreto si sarebbe determinato il tempo e il modo della loro conversione in titoli del debito pubblico italiano. Soltanto per le obbligazioni emanate dal governo pontificio nel 1860 e 1864 era prescritto che fossero cambiate, entro sei mesi dalla loro promulgazione, in obbligazioni italiane. Il regolamento di attuazione della legge, emanato con regio decreto n. 342 nella stessa data, dettava norme sul cambio dei titoli di rendita consolidata. Il 5 agosto 1871 veniva promulgata nella provincia di Roma la legge 10 luglio 1861 n. 94 sul Gran Libro del debito pubblico italiano. Ulteriori norme per l'unificazione del debito pubblico romano erano stabilite dalla legge n. 763 del 19 aprile 1872.