• consistenza:
  • 20 buste
  • descrizione:
  • Con chirografi ss.mi concedevasi al miglior offerente di esercitare l' industria del vetriolo. Agli appaltatori pro tempore, che incorrevano nel solo obbligo di versare alla Camera apostolica la convenuta annua corrisposta, davasi piena ed esclusiva facoltà di escavare, fabbricare, vendere e condurre il vetriolo in qualsivoglia luogo dello Stato. Una miniera vetriolica di non comune importanza trovavasi nello Stato toscano presso la tenuta di Santa Fiora. Era un luogo giurisdizionale dei duchi Sforza, ai quali si affidò la vendita del minerale, per lo Stato ecclesiastico, dal 1587 al 1602 e dal 1624 al 1633. Altre miniere inferiori venivano attivate ora nel territorio di Nepi con privativa di Giovanni Barrista Bove, ed ora in Monte Calvello sulla proprietà dei fratelli Monaldeschi che ne furono similmente appaltatori dal 1602 al 1612. Alla Camera apostolica immensamente premeva che entro lo Stato si fosse rinvenuta una vera ed abbondante miniera di vetriolo, premi privilegi ed esenzioni ne prometteva agli inventori coll' editto del 9 ottobre 1618. Fu vera fortuna, per le manifatture che i desideri restassero esauditi nel 1644 per opera di Attavanti Francesco, fabbricatore di vetriolo in Santa Fiora. Recatosi questi nel territorio viterbese in cerca della anzidetta miniera ne constatò l' esistenza e dietro ripetuti saggi si convinse della sua straordinaria importanza.Onori, privilegi ed aiuti non mancarono al fortunato inventore che il 29 aprile 1644 otteneva per chirografo ss.mo la privativa della fabbricazione, nonchè la vendita coattiva del minerale. L' annua corrisposta di scudi 500 era il solo obbligo che restavagli a compiere verso la Camera apostolica. Si comandò che a nessuna persona di qualsiasi grado e dignità tanto ecclesiastica quanto laicale fosse lecito di introdurre nello Stato ecclesiastico alcuna benchè minima quantità di vetriolo. Al solo appaltatore Attavanti se ne riservò il libero nonchè lucroso commercio, eccezion fatta per l' arte serica di Bologna, la quale in forza di uno speciale privilegio di Clemente VIII, valevasi, per le sue raffinate manifatture, dei vetrioli Alemanni. Si stabilì parimenti che lo stesso appaltatore di propria autorità espropriar potesse in qualsiasi luogo prossimo o lontano dalla miniera, terreni, legna, ed altre cose reputate necessarie ai lavori della fabbricazione. Ad uno o più periti restavano intanto affidate le relative stime non convenute tra le parti. I terreni componenti le tenute Valle Gamba e Ferentino riscontraronsi più adatti all' escavazione del minerale. Eseguite quindi le prime espropriazioni nella contrada Monte Liberto, alla distanza di sette chilometri da Viterbo, un ampio edificio, dotato di speciale macchinario, ed attrezzi, fu dallo stesso appaltatore iniziato e portato al suo vero compimento. L' industria del vetriolo viterbese divenne presto, per natura e per arte di qualità perfettissima. I tintori e fabbricatori di pannine e delle manifatture diverse non mancarono di gareggiare nell' acquisto del prezioso minerale la cui efficacia nelle più delicate tinture fu riconosciuto superiore ai vetrioli stranieri. Venuto a morte l' inventore Attavanti, si ricorse all' opera e all' industria di Pietro Valeri, sacerdote, che nella stessa miniera di Santa Fiora erasi reso singolare nella manipolazione delle terre vetrioliche. Fu precisamente il Valeri che dalla fabbricazione del vetriolo verde conosciuto in commercio per vetriolo romano, seppe ricavare quello in pani e spicciolato giallo che originariamente s' imbarcava per soddisfare le numerose richieste dei negozianti stranieri. La necessità dei tintori e fabbricatori di pannine, dei conciatori di pelli, dei cappellari e fabbricatori d' inchiostri erano principalmente quelle che nell' esercizio delle rispettive arti e mestieri ricorrevano all' uso del vetriolo. La fabbricazione di questo minerale si mantenne per due secoli utile e decorosa all' industria. E mentre per opera degli appaltatori pro tempore se ne curava lo sviluppo, la Camera apostolica non mancava di cooperare alla sua necessaria conservazione. Difatti il 7 marzo 1738, essa decise di acquistare tanto il materiale quanto gli stigli del vecchio edificio, divenuto quasi inservibile e costruì presso la proprietà dei F.lli Bussi una nuova fabbrica prossima alla miniera. Contemporaneamente un casino con chiesuola annessa completarono l' opera utile e grandiosa. Le prime corrisposte degli appaltatori furono limitate ad annui scudi 500, e nei tempi di massimo sviluppo dell' industria non sorpassarono scudi tremila. La vendita del materiale regolata dai capitoli di appalto, compreso lo stretto obbligo di non eccedere il prezzo di bajocchi 7 1/2 la libbra (ridotto a bajocchi 6 dopo la rivoluzione francese) veniva comunemente affidata ai subappaltatori delle province. Per non esporre intanto la miniera al pericolo di esaurimento s' ingiungeva di limitare l' annua fabbricazione a libbre centomila, che in diversi periodi di tempo, dietro l' opinamento del Consiglio di finanza, salirono alla rispettabile cifra di duecentomila. Era pure obbligo di lasciare in dote del successivo appalto un deposito di vetriolo, che mediante le assegne, restava precisato nella quantità di libbre 25 mila. Il 30 gennaio 1793, rescisso il contratto di Filippo Prada, si abolì la vendita coattiva del vetriolo e fu conseguentemente accordata la libertà d' introduzione per qualsiasi vetriolo di estera provenienza. Questa risoluzione pontificia, provocata dal minor consumo del genere, verificatosi specialmente all' estero dopo la rivoluzione francese, cagionò funeste conseguenze al commercio del minerale viterbese, che per solo tratto provvidenziale vantava il principato della Chiesa. Nel 1800 si pensò di ritornare all' antico sistema coattivo, appaltando la miniera allo stesso Filippo Prada che negli ultimi sette anni ne era stato l' amministratore camerale. Gli effetti dei nuovi ordini sovrani non corrisposero alla comune aspettativa; poichè donata in seguito maggior vivezza e varietà ai tessuti commerciali, dismesse per non dire sostituite le tinte al vetriolo che riuscivano di colore oscuro e perfettamente nero, la miniera di Viterbo andò gradatamente diminuendo nella sua singolare importanza. Il minor consumo del genere si verificò principalmente all' estero. Le commissioni annuali di Genova e di Marsiglia erano ridotte a poche centinaia di libbre, mentre nel passato e precisamente nel periodo di appalto di Francesco Lepri, compreso fra il 1763 e 1775, ammontavano in media a libbre 28947. Stando così le cose la Camera apostolica si convinse ed il 9 novembre 1852 deliberò di alienare a favore della ditta Pompei di Viterbo tanto l' opificio, quanto i fabbricanti e terreni annessi per il convenuto prezzo di scudi quindicimila.
  • strumento di sala n°:
  • 113/66
 

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