• consistenza:
  • 716 volumi
  • descrizione:
  • Le 716 unità (1), fra protocolli, repertori e rubriche, che costituiscono l' archivio dell' Ufficio 3, occupano un arco cronologico che va dal 1532 al 1896 (2). L' Ufficio, attualmente contraddistinto con il n. 3, recava nell' elenco del François (3) il n. 27 e faceva parte dei 15 uffici che affiancavano l' attività del tribunale del secondo Collaterale di Campidoglio: sono difatti presenti nei protocolli della serie Istromenti, atti verbalizzati innanzi al suddetto tribunale, oltre agli atti privati redatti dai notai di questo ufficio nello svolgimento della loro attività professionale; si tratta come di consueto di locazioni, vendite, patti matrimoniali, obbligazioni, prestiti, censi, contratti di varia natura, testamenti ed inventari post mortem (4).
    --- La serie degli Istomenti (1532-1896) ---
    I protocolli dell' Ufficio 3 del Collegio dei Trenta Notai Capitolini raccolgono in ordine cronologico, nella serie denominata Istromenti (voll. 1-678), di gran lunga la più cospicua dell' ufficio, gli atti privati, contenenti attestazioni di contratti giuridici di diversa natura fra privati e gli atti (prevalentemente atti di giurisdizione volontaria) redatti avanti il tribunale del secondo Collaterale di Campidoglio (5).
    Il primo notaio della serie è Vincenzo de Palumbis, il quale si definisce nel proemio dei propri protocolli "romanus cives regionis Columne publicus Dei gratia imperiali auctoritate notarius": i suoi atti, in gran parte redatti in notula, si conservano, in maniera cronologicamente molto discontinua, nei primi due protocolli dell' archivio ed in parte nel terzo, e comunque fino al 1572; a partire dal 1565 fino al 1573, gli atti di questo ufficio, che dall' actum risulta trovarsi nel rione Colonna, sono redatti anche dal figlio di Vincenzo, il notaio Antonio de Palumbis, il quale nel proemio del suo protocollo relativo al 1574 rende noto di essere il figlio del "quondam" Vincenzo, morto evidentemente poco tempo prima.
    Dal 1574 fino al 1579, con la sola eccezione del 1578 (voll. 5-19), il notaio Antonio de Palumbis, titolare dell' ufficio che affiancava il secondo Collaterale di Campidoglio, raccoglie i propri atti ordinatamente in duplice redazione: sono cioè presenti volumi di atti in notula e protocolli contenenti gli stessi atti in redazione estesa, preceduti sempre da un ampio e circostanziato proemio, nel quale si chiarisce se si tratta di un volume che raccoglie le notae instromentorum originalium oppure del protocollo che contiene la redazione finale dei medesimi istromenti, il numero dei fogli presenti nel volume, unitamente agli elementi essenziali della datazione, nome e titoli del notaio; il volume è chiuso da una formula estesa ed articolata che ricorda il numero dei fogli di cui esso è costituito ed è anch' essa munita della sottoscrizione e segno tabellionale del notaio. Anche il protocollo n. 28 contiene la redazione estesa degli atti, relativi al primo semestre del 1583, presenti in notula nel volume n. 27.
    Il notaio Antonio de Palumbis (1574-1591) sottoscrive sempre gli atti in notula, mentre il protocollo che contiene la redazione in extenso dei medesimi atti non reca, se si esclude la sottoscrizione estesa ed il segno notarile che compare in calce al proemio, alcuna sottoscrizione in calce agli atti.
    Segnaliamo che nel volume n. 19bis (1579-1591), che interrompe la sequenza cronologica dei protocolli del notaio Antonio de Palumbis, sono presenti atti di diversi notai: in primo luogo troviamo atti originariamente conservati in filza, redatti e assemblati dal successore di Antonio de Palumbis, il notaio Michele Saraceni, che assumerà l' ufficio nel 1592, relativi all' attività del medesimo Saraceni come notaio e cancelliere della Curia arcivescovile di Gubbio per il periodo 1580-1589; il notaio, originario di Collescipione nella diocesi di Narni, riunisce assieme ai suoi atti redatti a Gubbio, anche atti del notaio perugino Arcangelo Tosi di Fratta (si tratta per lo più di registrazioni di contratti agrari, livelli per lo più, relativi a terreni della chiesa di S. Erasmo) a partire dal 1579 fino al 1583. Presenti anche verbali delle riunioni di congregazione di alcuni monasteri in Gubbio: S. Chiara, S. Benedetto, S. Antonio di Padova, redatti a cura del Saraceni. Un secondo gruppo di atti, a partire dal 1589, risultano rogati da Michele Saraceni a Roma, prevalentemente nel rione Colonna nell' ufficio di Francesco Palumbus de Gervasiis, notaio capitolino, alla presenza del notaio Tranquillo Scolocio, sostituto ufficiale sia di Francesco Palumbus de Gervasiis che di Antonio de Palumbis; dall' anno seguente il notaio Saraceni, che affianca probabilmente entrambi i notai sopra citati, sottoscrive gli atti "in regione Columne in officio mei".
    Anche il volume 23 (1548-1588) interrompe la continuità cronologica dei protocolli di istromenti del notaio de Palumbis, che comunque non presenta lacune, poichè raccoglie istrumenti e testamenti redatti da diversi notai, talvolta in copia, presentati, in forma giudiziale "Pro...contra", al tribunale del 2° Collaterale. Tali atti, originariamente raccolti in filza e redatti da diversi notai, furono presentati al 2° Collaterale da Antonio de Palumbis e dal suo sostituto Quintiliano de Laurentiis tra il 1580 e il 1588. Tra i notai rogatari: Sano de Perellis, Simone Gugnetto, Stefano Latino, Pietro Angelo Leopardo.
    Per quanto riguarda la clientela del notaio Antonio de Palumbis si segnala che egli verbalizzava le adunanze del sodalizio della Santissima Annunziata sopra Minerva, recandosi nella sede della confraternita nel rione Pigna; il volume n. 33 (1584-1585), intitolato "Instrumenta SS.me Annuntiate", contiene solo atti redatti per la confraternita di S. Maria Annunziata in Roma: sono presenti contratti di locazione e vendita, prestiti, doti e inventari di beni; numerosissimi anche i mandati di pagamento indirizzati ad artigiani e le costituzioni di dote effettuate per fanciulle in carico alla confraternita. Nei protocolli del de Palumbis compaiono inoltre verbali delle adunanze del monastero di S. Maria Maddalena al Quirinale, ordine domenicano, e del monastero di S. Lucia in Selci a Monti, ordine agostiniano. Tra le famiglie che costituiscono la clientela abituale del notaio segnaliamo Paolo Emilio Cesi e Paluzio Mattei, Alessandro e Marcantonio Orsini, Marcello Leni, eredi Verospi, Ottavio del Bufalo; tra gli enti monastici che frequentemente emergono nelle rubricelle dei protocolli di questo notaio si segnalano il monastero di S. Maria in Via ed il monastero di S. Silvestro.
    Da giugno 1590 Antonio de Palumbis non compare più a sottoscrivere gli atti: il notaio Tranquillo Scolocio "de Rocca Burga, terracinensis diocesis" sottoscrive gli atti fino all' inizio del 1591 con la qualifica di sostituto di Antonio de Palumbis, mentre da agosto 1591 egli si definisce sostituto del nuovo titolare dell' ufficio che è, per breve tempo, Francesco Palumbo de Gervasiis; da ottobre 1591 compare a sottoscrivere gli atti il notaio Michele Saraceno (1591-1634) che resterà titolare dell' ufficio per oltre quarant' anni.
    Nel proemio che precede gli atti del suo primo protocollo relativo al 1592, Michele Saraceno, abitante nel rione Colonna, si definisce "publicus Dei gratia et imperiali auctoritatibus notarius", e descrive il volume come "liber seu volumen notarum et istrumentorum originalium" indicandone anche il numero delle carte; in seguito il notaio non compila più il proemio e sottoscrive raramente i suoi atti, conservati ordinatamente nei protocolli a lui intitolati, la cui buona conservazione è da attribuire anche alla cura con la quale essi venivano regolarmente rilegati. La sua clientela abituale annovera ancora le famiglie Mattei, Del Bufalo e Cesi.
    Un nuovo titolare, nella persona di Filippo Saraceni, subentra nel 1635 a Michele Saraceni, che risulta già morto alla fine del 1634, e rimane in carica fino alla morte che avviene nel 1678.
    Gli succede il notaio Antonio Oddi che assume la titolarità dell' ufficio nel 1680 e nel 1688 ne sposta la sede nel rione Monti, nella strada tra via dei Serpenti e S. Lorenzo in Panisperna, mentre dal 1693 il suo studio ed abitazione risultano ubicati al vicolo delle Chiavi d' oro, sempre nel rione Monti. Con il notaio Oddi l' ufficio cambia anche clientela e si dedica a redigere privativamente gli atti per il Luogo Pio di S. Eufemia, la cui sede si trovava "in platea Columne Traiane".
    Nel breve proemio che precede gli atti dei suoi protocolli il notaio fornisce alcune informazioni personali: "Ego Antonius Oddus...filiusque domini Leonardi Oddi de Arce Antiqua in Sabiniis", mentre dal proemio degli atti redatti dal figlio Carlo Francesco, che, alla sua morte nel 1728, gli succede nell' ufficio, prima come amministratore poi, dal 1735, come titolare, apprendiamo che egli ricoperse l' incarico di decano del Collegio dei Trenta Notai Capitolini. Tre generazioni di notai, Antonio, Carlo Francesco e Salvatore Oddi, quest' ultimo subentrò al padre nel 1738 e resse l' ufficio fino al 1748, assicurarono all' ufficio 3 una forte continuità di tradizione diplomatistica e di clientela fissa che ai notai Oddi era solita rivolgersi.
    L' ufficio venne rilevato nel 1749 dal notaio Giovanni Domenico Valentini che lo tenne fino al 1752, e la sua sede fu di nuovo spostata, stavolta nei pressi di piazza Navona: dopo una breve titolarità del notaio Francesco Ridolfi, l' ufficio passò nel 1758 a Giovan Battista Cataldi che lo resse fino al 1800; durante la sua titolarità sappiamo che la sede dell' ufficio era ubicata nella piazza degli Agonizzanti (6) a Pasquino, sempre nel rione Parione, quasi certamente già al n. 77 ove rimase fino al 1884. Nel 1801, morto il notaio Cataldi, l' ufficio venne rilevato dal notaio Nicola Damiani, che vi rimase fino al 1811; mancano gli atti relativi al 1812 ed al 1813, forse perchè l' ufficio cessò in quel periodo l' attività, successivamente poi venne gestito in regime di amministrazione dal notaio Giovan Battista Dondresi fino al settembre 1824, quando venne nominato nuovo titolare il notaio Mario Damiani che negli anni precedenti troviamo sottoscrivere spesso gli atti di questo ufficio. Dal 1830 al 1842 fu titolare dell' Ufficio 3 Domenico de Santis, successivamente, fino al gennaio 1846, l' ufficio attraversò periodi in cui non era in funzione, e, dopo essere stato sottoposto ad accurato inventario nel 1845 (si veda nel vol. 610 "Inventario di tutte le cose esistenti nell' ufficio di Pasquino ad istanza di Luigi Paradisi redatto dal notaio Filippo Giacomelli" in cui sono elencate n. 5.284 unità archivistiche), venne rilevato da Mario Damiani junior, amministratore deputato "pel successore de De Santis già notaro capitolino" e solo dal 1852 notaio titolare. Dall' aprile 1860 subentra un nuovo titolare, il notaio Salvatore Sarmiento, i cui protocolli giungono al 1884.
    Tutte le informazioni sopra presentate sono frutto di un paziente lavoro di schedatura che ha permesso anche di precisare, integrare e completare il quadro dei notai titolari, con la rilevazione dei notai sostituti del titolare, sia che fossero incaricati ufficialmente della sostituzione oppure che lo fossero occasionalmente; i sostituti sono stati indicati di volta in volta chiarendo così la situazione che si veniva a creare nelle sottoscrizioni degli atti, ogni volta che si verificava una successione nell' ufficio notarile (7).
    Le sedi dello studio dell' Ufficio 3:
    Rione Colonna, 1532 - 1687, vicino al convento di S. Maria in Via; Rione Monti, 1688 - 1748, in piazza delle Chiavi d' Oro; Rione Parione, 1749 - 1758, vicino Piazza Navona; 1759 - 1785, agli Agonizzanti; 1785 - 1884 piazza Pasquino n. 77.
    Nel 1886, epoca in cui A. François redige il suo Elenco di notari, l' archivio dell' ufficio 3 si trovava già presso l' Archivio Notarile Distrettuale in via S. Andrea della Valle 23, da dove poi venne versato all' Archivio di Stato di Roma nel 1916.
    --- La serie dei Testamenti (1578-1883) ---
    La serie si presenta particolarmente ricca e cronologicamente continua, eccettogli anni dal 1583 al 1590, e risulta costituita di 26 volumi contenenti i testamenti redatti dai notai dell' Ufficio 3, a partire dal 1578, con i testamenti del notaio Antonio de Palumbis, per giungere fino al 1756, anno dal quale sono conservati nella serie a parte dei Testamenti segreti, 3 faldoni di testamenti chiusi (nn. 12-14) che coprono l' arco cronologico 1755-1859. Si conserva inoltre un volume di testamenti dell' ultimo notaio dell' ufficio 3, Salvatore Sarmiento, contenente pochi testamenti aperti e pubblicati presso l' Archivio Notarile distrettuale, dopo la morte del notaio tra il 1889 ed il 1896.
    I testamenti, come è noto, potevano essere di due tipi sotto il profilo della redazione, olografo (scritto dal testatore o da persona di fiducia) e nuncupativo cioè orale, trascritto dal notaio alla presenza del testatore e dei testimoni. Il testamento olografo poteva essere pubblico o segreto: era difatti pubblico il testamento nuncupativo ricevuto e/o scritto dal notaio alla presenza di testimoni, poteva invece essere segreto o chiuso, ed allora prendeva il nome di nuncupativo implicito, il testamento olografo, sia che fosse scritto dal testatore che da persona di sua fiducia, che veniva ricevuto dal notaio già chiuso e sigillato a cura del testatore (8).
    Nel caso infatti in cui il testatore decidesse che il testamento doveva avere forma segreta fino alla sua morte, il testamento olografo veniva consegnato al notaio cucito in un involucro, oppure veniva chiuso e sigillato con sette sigilli in ceralacca rossa che portavano impressi il sigillo di ciascuno dei sette testimoni, oppure le iniziali o lo stemma del testatore, ed il notaio, dopo averne compilata la "scheda" sul dorso dell' involucro, ossia la dichiarazione di avvenuta consegna con tutte le formalità previste, lo custodiva separatamente dagli altri rogiti fino al momento in cui, morto il testatore, ne veniva richiesta l' apertura. In tale momento il notaio, previa redazione di un verbale di "aperizione", apriva il testamento e ne dava lettura alla presenza del richiedente e di due testimoni: solo allora il notaio inseriva il testamento, aperto e pubblicato unitamente alla "scheda" o atto di consegna e al verbale di apertura, tra i suoi rogiti alla data di apertura di esso e non a quella di redazione del testamento. Moltissimi testamenti rimanevano però chiusi, poichè per motivi diversi, nessuno ne richiedeva l' apertura: nel 1703 Clemente XI ordinò con motu proprio che i notai provvedessero all' apertura dei testamenti rimasti chiusi anteriormente agli ultimi 50 anni, e così da allora successivamente, ogni 50 anni, si procedeva all' apertura dei testamenti chiusi non reclamati, che, una volta aperti, venivano rilegati in volumi. Generalmente i notai annotavano ordinatamente sul dorso dei volumi che contenevano testamenti chiusi, aperti in forza del suddetto motu proprio, la dicitura "Testamenta inedita" oppure "Testamenta aperta" e stilavano una rubrica dei testatori che allegavano al volume.
    I testamenti nuncupativi o pubblici, venivano invece inseriti dai notai nei volumi di testamenti oppure nei protocolli degli istromenti, così come accadeva spesso anche per i testamenti nuncupativi impliciti e cioè quei testamenti chiusi, aperti e pubblicati su richiesta degli eredi, dopo la morte del testatore: cosa che si osserva facilmente, scorrendo i protocolli degli istromenti nei quali si scorgono spesso carte che contengono i sette sigilli in ceralacca rossa ed i residui di refe con cui il testamento era stato cucito e sigillato. Il codice civile emanato da Gregorio XVI nel 1834 limitò a due il numero dei testimoni nel caso di testamento olografo segreto.
    Nel 1937, sulla scorta di decreto ministeriale, vennero aperti i testamenti segreti, conservati a parte, degli uffici dei Trenta Notai Capitolini anteriori al 1836.
    Il volume 680 dell' Ufficio 3 contiene i testamenti chiusi redatti dal 1591 al 1652, aperti nel 1703 durante il notariato di Antonio Oddi, ed il volume 703 contiene i testamenti chiusi redatti dal 1713 al 1746, aperti dopo il 1802 dal notaio Niccolò Damiani; moltissimi sono comunque i testamenti inserti dopo l' apertura nei protocolli di testamenti di questo ufficio così come molti testamenti risultano essere copie di data posteriore di poco quella dell' originale conservato nell' Archivio Generale Urbano, con il quale esse furono collazionate (9). Si deve tenere presente comunque che la ricerca dei testamenti, per gli anni dal 1755 in avanti, e cioè da quando si interrompe la serie dei Testamenti e specialmente per il periodo 1859-1884, durante il quale anche la serie Testamenti chiusi si interrompe, deve essere effettuata nei volumi di Istromenti.
    --- La serie dei Protesti ---
    Nella serie denominata Protesti si trovano generalmente cambiali in protesto.
    --- La serie dei Repertori e Rubriche ---
    I repertori contengono in ordine cronologico i dati essenziali degli atti rogati conservati nei volumi degli Istromenti (estremi cronologici, nomi delle parti, sintesi dell' atto); le rubriche infine costituiscono strumenti di reperimento degli atti ancora più agili, poichè contengono i nomi delle parti con le date dell' atto relativo.
    (1) In sede di schedatura è stato assegnato un numero di corda a ciascuna unità archivistica, indipendentemente dalla serie cui essa appartiene; nell' ambito di questa operazione, si è reso necessario procedere a diversi spostamenti di volumi, i cui estremi cronologici non rispettavano la naturale successione cronologica degli atti. Di tali spostamenti rimane traccia nello spazio denominato "Altre segnature" del presente inventario ove si è inserito il vecchio numero.
    (2) Gli estremi cronologici si riferiscono alle date estreme che sono state riscontrate nelle serie dell' archivio dell' Ufficio 3, compresa la serie a parte dei Testamenti chiusi; ciò non significa che tutte le serie rappresentate coprano l' arco cronologico più ampio.
    (3) A. FRANÇOIS, Elenco di notari che rogarono atti in Roma dal secolo XIV all' anno 1886, Roma 1886.
    (4) Per un quadro complessivo della legislazione relativa all' argomento, del campo di attività dei notai capitolini, della prassi di documentazione degli atti privati e pubblici, della tenuta delle scritture notarili, ed altro ancora si rimanda allo studio curato da O.VERDI, "Hic est liber sive prothocollum". I protocolli del Collegio dei Trenta Notai Capitolini, in "Roma moderna e contemporanea", n. 3 (2005), pp. 427-473.
    (5) Nell' ambito del lavoro di inventariazione si è reso indispensabile differenziare il grado di analiticità della schedatura delle unità archivistiche: i volumi risalenti al ' 500, ed in particolare i volumi che precedono il 1586, data nella quale furono isituiti i 30 Uffici notarili capitolini e corrispondentemente i loro archivi, sono stati esaminati nel dettaglio, onde definire esattamente l' arco cronologico della documentazione, il notaio autore degli atti contenuti nei protocolli, la sede dell' ufficio e la prassi documentaria posta in essere dal notaio autore dei rogiti.
    (6) La localizzazione "Agli Agonizzanti" della sede dell' Ufficio 3, tenuto da Giovan Battista Cataldi, è attestata in LUIGI PEREGO SALVIONI, Raccolta esattissima di tutti i notari dell' alma città di Roma, Roma 1785, pag. 21, mentre l' indirizzo di piazza Pasquino n. 77, emerge sia dagli atti ottocenteschi che da A. FRANCOIS, Elenco dei notai, cit. pag. 105.
    (7) Era molto difficile finora rintracciare un atto rogato da un notaio sostituto, se non si conosceva il nome del titolare dell' ufficio o il numero dell' ufficio stesso, mentre ora è possibile rintracciare nell' indice anche i nomi dei sostituti accanto a quelli dei titolari. Si deve comunque avvertire che il lavoro di rilevazione dei nomi dei sostituti ufficialmente incaricati e dei notai che effettuarono sostituzioni occasionali, è stato condotto senza alcuna pretesa di esaustività.
    (8) Per le notizie relative alla tipologia dei testamenti e alle regole per la loro confezione si veda Novissimo Digesto Italiano, Utet, Torino, 1968, voce "Successioni".
    (9) L' Archivio Storico Capitolino conserva come è noto, le copie coeve degli atti notarili rogati a Roma a partire dal 1625 - il cosiddetto Archivio Urbano -, ed i rogiti originali di molti notai che rogarono a Roma in epoche precedenti e che non sono confluiti all' Archivio di Stato di Roma. Il pontefice Urbano VIII, con la bolla Pastoralis officii del 16 novembre 1625, aveva istituito un archivio notarile generale, l' Archivio Urbano, nel quale dovevano essere depositate le copie di tutti gli atti rogati dai notai sia capitolini che curiali. Vedi a questo proposito L. GUASCO, I rogiti originali dell' Archivio Urbano del Comune di Roma, in "gli Archivi italiani" 6 (1919), pp. 240-250.
  • strumento di sala n°:
  • 1/3
  • allegati:
  • 30 Notai Capitolini - Ufficio 3 - Inventario
 

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